"Compliance Integrata - COVID 19 - dal GDPR alla 231" - 10 giugno 2020

6° L1T WEBINAR 10 giugno 2020

Introduzione

 
 

Riccardo Baraldi Consigliere ANDAF


Andrea Rossetti Università degli Studi di Milano-Bicocca

La tecnologia messa a disposizione della comunità per gestire la curva dei contagi prevede App di contatto e non di tracciamento. Ciò significa che i dati sanitari raccolti tramite queste App non serviranno a ricostruire l’esistenza dell’individuo o la rete sociale di cui fa parte.Allo stesso tempo, la raccolta di dati sanitari non rappresenta un interesse a beneficio esclusivo della comunità. La raccolta dei dati sanitari, infatti, rappresenta in prospettiva un’opportunità di business estremamente interessante. Per tale ragione è importante individuare il percorso che viene compiuto dai dati, seguirne la lavorazione e comprendere dove vengono incamerati. È sempre bene non perdere di vista l’equilibrio tra tutela della privacy, per garantire il benessere sociale, e raccolta di dati per fini economici.


 
 

Cesare C.M. Del Moro Partner L1T

La trasparenza è uno dei principi che devono essere seguiti nella gestione dei dati relativi alla salute. Ciò significa trattare i dati, sopratutto quelli “particolari”, il minimo necessario, informando dettagliatamente il lavoratore su tutti gli aspetti che concernono le informazioni che lo stesso sta cedendo. È importante specificare la base giuridica che giustifica l’utilizzo del singolo dato e tenere sempre presente che l’obiettivo primario è quello di salvaguardare la salute. In tal senso, in ambito aziendale, è opportuno investire su tutte quelle figure che si occupano di dati dei lavoratori: a partire al medico d’azienda fino all’organismo di vigilanza, per arrivare infine al data protection officer, figura essenziale in questo momento di emergenza sanitaria.


 
 

Guglielmo Burragato Business Partner L1T

La crisi emergenziale dovuta al Covid-19 ci ha posti di fronte alla dicotomia tra diritto del lavoro ordinario e diritto del lavoro dell’emergenza. In questo senso, questa crisi ha permesso di derogare ad una serie di interessi e diritti, tanto a favore del lavoratore che dell’azienda. Ad esempio, l’accesso alla pratica di smart working, normalmente, è oggetto di un accordo delle parti. Nel contesto emergenziale, invece, si prescinde dall’accordo delle parti e lo smart working, in alcuni casi, è diventato un automatico diritto del lavoratore. Lo stesso può dirsi con riferimento agli accertamenti sanitari sul luogo di lavoro. Un accertamento sanitario effettuato dal datore di lavoro è, solitamente, penalmente sanzionato. In questa fase, invece, non solo questo divieto viene meno ma è imposto al datore di lavoro di procedere all’accertamento nell’interesse del lavoratore, dell’azienda e dell’intera comunità.


 
 

Tommaso Cohen CFO e Strategy Executive Director Teamsystem

La pandemia ha cambiato il modo di concepire il lavoro creando diverse opportunità. Nei giorni successivi all’avvio della pandemia, le priorità delle aziende si sono orientare nei confronti dei clienti, dei dipendenti e degli azionisti. In questa fase emergenziale abbiamo assistito ad una nuova forma di interazione e collaborazione lavorativa che non ha intaccato la produzione e l’efficienza. Al contrario, abbiamo registrato un aumento delle capacità produttive dei lavoratori e un incremento della fiducia reciproca tra aziende e dipendenti e viceversa. Lo smart working è dunque un’opportunità che non solo consolida il rapporto di fiducia e riduce, ma permette in prospettiva all’azienda di essere più forte sul mercato e crescere.


 
 

Giulia Mancini Business Partner L1T

L’attuale emergenza espone l’azienda a rischi diretti e indiretti e a nuove occasioni di illeciti 231 che è opportuno monitorare. Il contagio del lavoratore sul luogo di lavoro, infatti, può essere ricondotto alla responsabilità del datore nel caso in cui si dimostri il nesso di causalità tra l’evento dannoso e il comportamento del datore stesso. Per tale ragione, l’azienda non si deve limitare ad attenersi ai protocolli messi a disposizione dal governo. Deve impegnarsi nella dimostrazione che, in concreto, tali protocolli e le conseguenti misure preventive, siano adeguate alle specifiche esigenze dell’azienda. In questo senso, l’organismo di vigilanza svolge un compito chiave. Deve vigilare sull’applicazione del sistema disciplinare laddove un lavoratore si rifiuti di adottare le misure previste dall’impresa l’azienda e deve intensificare il flusso informativo con le figure apicali dell’azienda agendo in un’ottica preventiva, che riduca il rischio d’esposizione dell’azienda ad una contestazione 231.


 
 

Alessandro Ferrari Studio Alfa S.p.A. - Business Partner L1T

Poiché il contagio nell’ambiente di lavoro è classificato come infortunio, il datore deve mettere in atto tutte le misure opportune che garantiscano la tutela dei lavoratori entro il proprio ambiente. In questo senso, è estremamente importante monitorare la corretta applicazione delle diverse linee guida, dei protocolli nonché dei documenti tecnici, elaborati da parte del Ministero della Salute. Inoltre, non bisogna trascurare che è opportuno aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi, il quale deve riportare le misure anti-contagio messe in atto affinché il datore di lavoro dimostri di non essere incorso in nessuna responsabilità.


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